Civic brand e benessere della comunità

Civic brand e benessere della comunità

Si parla di “Civic Brand” per evidenziare la funzione civica esercitata dalle marche, mentre si definisce “Brand Activism” l’attitudine di alcuni brand a prendere posizione su temi politici, etici o sociali di rilevante attualità.
Nella prima metà del 2020 alcuni brand, ad esempio, hanno dato voce e spazio ai valori sociali per una ripartenza basata su uno sviluppo più equo e sostenibile.

Il “Brand Activism” nasce negli USA come espressione di battaglie civili (soprattutto in difesa delle minoranze come i nativi americani o contro le discriminazioni di genere) e si è esteso poi ad altri Paesi. Un esempio è la campagna di Nike, “For once, Don’t Do It.” (maggio 2020), legata all’uccisione di George Floyd e alle proteste del movimento “Black Lives Matter” che hanno interessato molte città americane e non solo.

In una recente indagine pubblicata dall’Osservatorio Civic Brands risulta come in Italia sia cresciuta la percentuale di persone che sono favorevoli al fatto che le aziende prendano posizione su temi di rilevanza sociale (dal 46% nel 2019 al 65% nel 2020). Un dato sorprendente che si accompagna tuttavia al fatto che il 70% delle persone intervistate non ricorda nessuna marca che ha realizzato campagne di comunicazione nei primi mesi del 2020 legate alla pandemia da coronavirus Covid-19. Un apprezzamento in apparenza, quindi, ma senza beneficio per la notorietà. I brand porteranno avanti questo tipo di comunicazione anche senza ritorno d’immagine? Sarà questo il vero banco di prova del loro impegno.

Per approfondire lo sviluppo del fenomeno dei “Civic Brand” è possibile restare aggiornati sulla pagina Facebook dell’Osservatorio, nato per iniziativa di Ipsos e di Paolo Iabichino.

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