Alla ricerca del benessere aziendale
In questi anni crisi sanitaria e smart working hanno comportato cambiamenti nell’organizzazione del lavoro e portato al centro dell’attenzione il tema del benessere aziendale. Un processo che non può essere gestito in modo unilaterale. La sfida comune per imprese, manager e dipendenti è oggi creare un ambiente di lavoro che sulla base di esigenze e sensibilità nuove risulti favorevole a valorizzare il potenziale delle persone. Per farlo non bastano, se pur siano importanti, premi, incentivi e benefit: sono necessari anche programmi sempre più personalizzati che possano favorire la conciliazione tra vita lavorativa e vita sociale.
Non è un caso che alcune imprese si stiano dotando di una nuova figura professionale, il manager della felicità – Chief Happiness Officer – a cui viene affidato il compito di monitorare e, se possibile, migliorare il livello di benessere dei dipendenti.
Negli USA alcune grandi multinazionali (tra le altre Google, Patagonia, Pixar etc.) hanno già inserito il manager della felicità nel proprio organico e questa figura si sta diffondendo anche in molte aziende del Nord Europa.
L’idea è che il Chief Happiness Officer sia in grado di creare un dialogo continuo con i collaboratori dell’impresa per comprendere le loro esigenze e risolvere quando possibile le criticità, migliorando anche il rapporto tra colleghi e con i vertici aziendali. Questo significa anche effettuare uno sforzo di ascolto e comprensione, approfondire le necessità personali, customizzare le iniziative.
Un manager della felicità che contribuisce a modificare la cultura aziendale ed è capace di influire sui processi organizzativi in una logica di sostenibilità il più possibile condivisa.