Sostenibilità e coesione sociale

Quando parliamo di sostenibilità e delle tre “gambe” che la sostanziano (economica, sociale e ambientale) tendiamo a privilegiare quella ambientale. Numerosi i motivi, non ultimo la centralità che la crisi climatica ha assunto nelle nostre vite e nell’agenda di molti Paesi.

Con i suoi pesanti impatti economici e sociali la pandemia da Covid-19 ha, però, bruscamente riportato l’attenzione sulle altre due dimensioni, evidenziando anche la crescente inadeguatezza di un’idea di sviluppo ormai datata: quella che implica prima la generazione della ricchezza per le imprese e poi la sua ridistribuzione ai soggetti non profit e alle istituzioni pubbliche. È probabile che la “ripartenza” possa favorire l’affermarsi di un’idea di società nella quale la creazione e la ridistribuzione del valore siano un processo unico, pluridimensionale, continuativo, condiviso e circolare, che coinvolge contemporaneamente tutti gli attori in scena lungo tutta la catena di creazione di valore. Un vero cambio di paradigma.

Ci riferiamo a questo anche quando parliamo, ad esempio, di “economia della coesione”. Sistemi di welfare innovativi, miglioramento della relazione tra pubblico e privato, iniziative di condivisione e rigenerazione urbana: fattori determinanti oggi per rafforzare lo sviluppo e la coesione sociale. A volte sono le persone organizzate in gruppi informali a trovare risposte ai problemi sociali; altre volte sono le istituzioni che lanciano progetti per favorire la partecipazione dei cittadini; altre volte ancora sono le reti tra soggetti diversi (imprese, enti locali, terzo settore) che creano partenariati per gestire progetti a favore delle comunità.

Una cosa però è certa: quando tutti gli attori collaborano migliora sensibilmente il livello di efficienza ed efficacia nel dare risposte adeguate ai bisogni dei cittadini.

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