Una riflessione sul tema della plastica negli oceani

Una riflessione sul tema della plastica negli oceani

Intervista a Mariasole Bianco, presidente di Worldrise onlus

Soft&Green ha chiesto a Mariasole Bianco una riflessione sul tema della plastica negli oceani e sugli scenari futuri.
Mariasole, Presidente dell’associazione Worldrise, attiva in programmi di conservazione e valorizzazione dell’ambiente marino, è biologa marina e divulgatrice scientifica, ed ha una profonda passione per il mare e per la sua tutela.

Qual è la missione di Worldrise e quali sono le principali attività che realizzate?

Worldrise è una associazione che agisce per la salvaguardia dell’ambiente marino attraverso progetti creativi di sensibilizzazione che promuovono il cambiamento necessario a costruire, insieme, un futuro migliore per il nostro Pianeta Blu. Lavoriamo a livello educativo nelle scuole, formativo con le aziende, e divulgativo e comunicativo per il grande pubblico. Portiamo avanti progetti di ricerca e collaborazioni con enti pubblici e privati su tematiche che spaziano dalle aree marine protette, al contrasto dell’inquinamento della plastica in mare, ci occupiamo di turismo e pesca responsabile e usiamo molto spesso l’arte, dalla street art alla musica, come strumento di comunicazione per veicolare l’importante messaggio di salvaguardia del mare. I progetti di Worldrise sono coordinati e realizzati coinvolgendo le nuove generazioni per favorire conoscenza e formazione dei futuri custodi del patrimonio naturalistico del Mediterraneo. Crediamo che la soluzione parta dalla conoscenza, passi per la consapevolezza e si manifesti attraverso il rispetto e l’azione.

Per difendere un bene comune prezioso come il mare è necessaria una regolamentazione più severa di quella attualmente in vigore?

Direi che serve una strategia più rigorosa e lungimirante. Bisogna implementare la ricerca, agire sulla conservazione dell’ambiente marino attraverso l’istituzione di aree protette, sulla sostenibilità della pesca e la valorizzazione della sua artigianalità e delle specie povere, promuovere un turismo naturalistico responsabile e favorire investimenti verso la blue economy. Salvaguardare il mare rappresenta una soluzione concreta per raggiungere molti punti di questa strategia. In pratica, quello che stiamo facendo adesso è usare il mare come fosse un conto corrente da cui preleviamo in continuazione senza mai versare un centesimo. Le aree marine protette sono dei libretti di risparmio, delle polizze assicurative: non sono dei limiti alla fruizione del mare e delle sue risorse ma un investimento in grado di produrre benefici sociali ed economici.

Dove esistono aree marine protette è provato che il mare sta meglio: a questo proposito a che punto è la campagna 30×30?

Il Mediterraneo secondo la FAO è uno dei mari più sovrasfruttati al mondo e le aree marine protette sono il miglior strumento che abbiamo a disposizione per invertire questa rotta. In queste aree la biodiversità viene tutelata e salvaguardata in un’ottica di sviluppo sostenibile in modo che le bellezze del mare e le sue risorse siano fruibili anche per le generazioni future. Per questo Worldrise ha deciso di lanciare la campagna italiana 30×30, in linea con la Strategia EU sulla Biodiversità: un percorso nazionale il cui obiettivo è proteggere, attraverso l’istituzione di Aree Marine Protette (AMP), almeno il 30% dei mari italiani entro il 2030.
La campagna 30×30 ha l’obiettivo di comunicare le ricchezze del mondo sommerso che popola le nostre acque e promuovere l’importanza della sua protezione, coinvolgendo diversi settori della società, uniti nell’azione comune che porterà a un mare produttivo e resiliente, in cui la tutela della biodiversità diventa volano di sviluppo economico e sociale. La campagna è stata lanciata a novembre del 2020 e dopo quasi un anno è riuscita a coinvolgere oltre 30 associazioni, 8 media supporter, diverse aziende e tantissime persone, visto che attraverso i social abbiamo registrato circa 14.000 visualizzazioni dei post.

Cosa possono fare i singoli cittadini per risolvere il problema dell’inquinamento di mari e oceani?

Le minacce affrontate dal nostro Pianeta possono apparire schiaccianti e farci sentire impotenti. Di fronte a problemi come inquinamento, cambiamenti climatici e perdita di biodiversità l’iniziativa del singolo può sembrare una goccia nell’oceano. Eppure ogni goccia conta. Le risorse del pianeta hanno un limite, mentre le nostre possibilità sono infinite: lavorando insieme possiamo cambiare lo stato delle cose. Fare la differenza ogni giorno attraverso le nostre azioni è un po’ come imparare a nuotare: prima si prende confidenza con l’acqua, poi si impara a stare a galla e a muoversi in autonomia, fino a diventare nuotatori abili e a sentirci a nostro agio nel nuovo elemento. Con la campagna 30×30 abbiamo elaborato un bellissimo “Manuale di bordo” per guidare chiunque voglia intraprendere questo percorso verso il cambiamento. Questa risorsa è completamente gratuita e scaricabile a questo link.

Esistono nel mondo esempi di esperienze particolarmente virtuose?

Assolutamente sì, e una ce l’abbiamo proprio qui in Italia! Torre Guaceto è un tratto di costa lungo 8 chilometri a nordovest di Brindisi, per molto tempo tristemente noto come centro di cattive pratiche di pesca, contrabbando, mercato nero, oltre che punto di sbarco per l’immigrazione clandestina. Ora, invece, è famoso in tutto il mondo per l’incredibile riqualificazione che è avvenuta grazie all’istituzione dell’area marina protetta. Nel 2001, Torre Guaceto ha imposto un divieto di cinque anni sulla pesca per ricostruire gli stock ittici che risultavano catastroficamente in calo. Dopo quattro anni di studio, la pesca artigianale è stata a poco a poco reintrodotta nell’area marina protetta e se ne monitorano gli effetti. Oggi nell’area sono autorizzati all’attività solo i pescatori professionali, la pratica può essere effettuata esclusivamente con reti a maglia larga e le uscite in mare si svolgono una volta a settimana. In questo modo si è registrato un incremento della popolazione ittica del 400%, un caso diventato di interesse mondiale che ha attratto studiosi provenienti sin dalla California. Non solo. A oggi, la resa di pesca nell’area protetta è pari al doppio rispetto a quella che si registra al suo esterno. Eppure, nel Mar Mediterraneo le zone completamente protette coprono una percentuale irrisoria: meno dell’uno per cento. Per questo se vogliamo riportare il mare in salute dobbiamo agire in maniera forte e concreta per il beneficio di tutti. Quelli che stiamo vivendo sono anni cruciali per la salute dell’oceano, e le decisioni che prenderemo nel prossimo decennio incideranno sul futuro del nostro pianeta per i secoli a venire.

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