Bilanci sociali, indici di sostenibilità, policy, certificazioni: per un’impresa responsabile questi strumenti sono utili per “fare”, ma anche per “raccontare” in modo trasparente la propria sostenibilità.

La trasparenza è diventata un obiettivo prioritario per le imprese che sono sempre di più esposte al giudizio degli stakeholder. Quasi un prerequisito per le organizzazioni che fanno dell’impegno sociale e ambientale un driver strategico. A queste – ma non solo – si chiede di misurare e rendicontare i rischi e gli impatti economici, ambientali e sociali, e di comunicare in modo chiaro le strategie, gli obiettivi e le difficoltà affrontate. In gioco c’è il rapporto di fiducia tra l’impresa e i suoi interlocutori.
Una comunicazione opaca, parziale, incoerente o non del tutto veritiera può avere conseguenze gravi, perché vengono messe in discussione l’affidabilità e la credibilità dell’organizzazione stessa.

Le imprese responsabili sono chiamate quindi a dotarsi di metodologie di rendicontazione sempre più sofisticate per comunicare ciò che più conta: i benefici di lunga durata che sono in grado di offrire a persone e pianeta. Criteri di misurazione degli impatti, comparabilità dei parametri e dei dati, ricorso a standard globali sono alcuni dei temi che caratterizzano l’attuale dibattito internazionale sui report di sostenibilità: il cosiddetto ESG (Environmental, Social, Governance) reporting, in riferimento ai tre fattori centrali nella misurazione della sostenibilità.

Questo numero di Soft&Green prova a fare un punto sulla situazione, partendo da un’intervista con Chiara Mio, professoressa al Dipartimento di Management all’Università Ca’ Foscari di Venezia e nota a livello internazionale per l’attenzione ai temi della sostenibilità e della responsabilità sociale d’impresa.