L’acqua: una risorsa sempre più rara

L’acqua: una risorsa sempre più rara

Tra i 17 Obiettivi dell’Agenda 2030 di sviluppo sostenibile (SDGs), messi a punto dalle Nazioni Unite per il 2030, il sesto, “Acqua pulita e servizi igienico sanitari”, è tra i più importanti perché l’acqua è alla base della vita dell’uomo e degli organismi viventi.

Secondo recenti statistiche del World Health Organization e dell’Unicef, oltre un miliardo di persone nel mondo non ha accesso all’acqua potabile e un numero doppio non dispone di servizi igienici nelle proprie abitazioni. Senza contare che i mutamenti climatici in atto stanno provocando problemi nella gestione della risorsa idrica legati sia all’aumento della siccità in alcune regioni, che sta già provocando migrazioni di intere popolazioni, sia all’aumento di eventi metereologici estremi, che portano alla perdita delle infrastrutture idriche di interi territori anche per lunghi periodi. In entrambi i casi le problematiche comportano gravi ripercussioni sul piano igienico sanitario e sulla sopravvivenza stessa di molte popolazioni.

Secondo i dati del Water Resource Institute (WRI), se non si pongono in atto seri rimedi al problema nella gestione della risorsa idrica, nel 2040 ci saranno 33 nazioni che avranno uno stress idrico estremamente elevato (quantità che misura l’esaurimento della risorsa). Di queste ben 14 si trovano in Medio Oriente dove sono già in atto conflitti devastanti che, secondo l’organismo internazionale, potrebbero intensificarsi proprio in conseguenza della scarsità di questa risorsa indispensabile per la vita. Senza contare tutta l’Africa Sub Sahariana, dove in molte situazioni già oggi gli abitanti devono percorrere molti chilometri ogni giorno per procurarsi l’acqua da bere. Lo studio del WRI indica che la risorsa idrica sarà un problema anche per alcuni Paesi europei, come la Spagna o il Sud Italia, e per alcune regioni di Paesi extraeuropei (si pensi alla crisi idrica che ha investito negli ultimi anni la ricca California).

È evidente che per evitare tali scenari è importante studiare nuove formule e nuovi approcci. Tra le tante soluzioni, molte di carattere politico, una potrebbe venire da un modo diverso di gestire il ciclo idrico: il riutilizzo delle acqua reflue.

Le acque depurate potrebbero infatti essere riutilizzate per usi diversi da quello potabile: oggi le tecnologie di depurazione permettono di utilizzare i reflui in uscita da un impianto per usi agricoli, industriali, ricreativi e civili. Alcuni esempi: l’agricoltura che utilizza una grande quantità di acqua potrebbe irrigare i campi con i reflui provenienti da depuratori biologici; l’industria potrebbe riutilizzare le acque di lavorazione o di raffreddamento per i propri cicli produttivi depurate in funzione degli usi; le fontane che abbelliscono le nostre piazze potrebbero essere “a circuito chiuso”; nelle nostre case, almeno in quelle nuove o ristrutturate, si dovrebbero utilizzare per gli sciacquoni le acque grigie provenienti dai lavandini.

Con una visione chiara e una serie di iniziative a medio termine si potrebbero ridurre gli sprechi di acqua e preservare quella potabile per l’uso umano e animale. È però evidente che lo sforzo è importante e che, per mettere in pratica i target che si è data l’Agenda 2030, ci dovrà essere una presa di coscienza del problema a livello globale e una sinergia tra tutti i Paesi coinvolti.

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