Transizione ecologica e rigenerazione urbana: il ruolo delle imprese


Sul tema della rigenerazione urbana Soft&Green ha voluto sentire l’opinione di Francesca Ricciardi, Professoressa ordinaria di Organizzazione Aziendale e Presidente del Corso di studio in Amministrazione e gestione digitale delle aziende dell’Università degli studi di Torino.
In questi ultimi tempi si parla molto di rigenerazione urbana e di valore condiviso: nella sua attività accademica lei si occupa da anni anche di gestione dei beni comuni. Quale ruolo possono avere le imprese in questa fase di grande trasformazione ambientale e sociale?
In generale tutte le organizzazioni influenzano, direttamente o indirettamente, la (ri)generazione e la disponibilità di risorse di beneficio comune. Alcune aziende, enti pubblici o associazioni non profit, producono vere e proprie risorse comuni, come i contenuti di Wikipedia o la pulizia di un parco pubblico. Ma non possiamo più demandare la responsabilità del bene comune alle sole organizzazioni che lo generano o rigenerano direttamente e per statuto. Oggi tutte le imprese sono chiamate a sviluppare una consapevolezza condivisa rispetto alle risorse di beneficio comune che consumano o che sono in grado di influenzare. Una postura emotiva e cognitiva che si può sintetizzare così: “Questa è una risorsa di beneficio comune, e se non diamo il nostro contributo per rigenerarla e renderla disponibile dove ce n’è bisogno sarà peggio per noi tutti.” Sono convinta che questo tipo di consapevolezza condivisa è una base culturale indispensabile per sviluppare i nuovi modelli di business sostenibili e le azioni di responsabilità sociale di cui abbiamo bisogno per affrontare il futuro.

Un cambiamento interessante è nel rapporto tra impresa e territorio. Qual è a suo avviso l’evoluzione di questo rapporto?
Nel tempo sono emerse, una dopo l’altra, tre diverse visioni del rapporto impresa-territorio. Queste tre visioni non si escludono a vicenda ma si sovrappongono.
Secondo la prima visione, il territorio per l’impresa è un mercato o meglio un insieme di mercati. Questa visione è coerente con un approccio classico all’economia, in cui il territorio è un mercato di approvvigionamento dove l’impresa trova i suoi fornitori e condizioni di fornitura note e prevedibili; è un mercato del lavoro, dove l’impresa può trovare e anche formare le competenze necessarie per mantenerle stabilmente disponibili; ed è un mercato di sbocco, naturalmente, per i beni e servizi che l’impresa produce. Da questo primo punto di vista, il rapporto tra impresa e territorio è essenzialmente uno scambio economico, caratterizzato da flussi di denaro nelle due direzioni.
La seconda visione del rapporto tra impresa e territorio, invece, fa leva sulla teoria degli stakeholder. Il concetto di stakeholder va oltre le classiche relazioni di mercato. Gli stakeholder hanno qualcosa da mettere in gioco nella loro relazione con l’impresa: ad esempio, un cittadino del territorio può essere uno stakeholder che teme che le attività dell’impresa generino l’inquinamento e minaccino la salute. Se non è soddisfatto del comportamento dell’impresa, lo stakeholder può reagire “danneggiandola” direttamente o indirettamente. Se invece è sufficientemente soddisfatto, sosterrà l’impresa con varie modalità, ad esempio fornendo denaro, legittimazione, dati, competenze. Il passaggio da una visione classica a una visione centrata sugli stakeholder è una rivoluzione copernicana negli approcci alla gestione della relazione tra imprese e territorio. Tuttavia, l’evoluzione del pensiero non si è fermata qui.
Una terza concezione del rapporto tra impresa e territorio che sta emergendo vede il territorio non solo come un contenitore di stakeholder ma come un vero e proprio sistema di beneficio comune che, come tale, obbedisce alle leggi di quelle entità che gli anglosassoni chiamano commons. In questa visione l’impresa è immersa nel territorio come destinataria diretta e indiretta del relativo sistema di beneficio comune, e per sopravvivere nel medio e lungo termine deve contribuire a svilupparne e mantenerne nel tempo la capacità rigenerativa.
In che modo queste tre visioni del rapporto impresa-territorio sono tra loro complementari?
Possiamo dire che si focalizzano su problemi sempre più complessi, che nella realtà sono “nidificati” l’uno dentro l’altro. In pratica, la salute del sistema di beneficio comune è la precondizione di lungo periodo per l’efficacia del rapporto con gli stakeholder, e l’efficacia del rapporto con gli stakeholder è la precondizione di lungo periodo per l’efficacia del rapporto con i mercati. Solo se il sistema eco-socio-tecnico del territorio funziona, ed è quindi in grado di continuare a rigenerare le risorse di beneficio comune di cui anche l’impresa fa uso, ci sono basi solide per concentrarsi sulla gestione degli stakeholder, compresi quelli territoriali, così come proposto dalla teoria degli stakeholder. E solo se viene raggiunto un sufficiente equilibrio tra gli interessi dell’impresa e dei suoi stakeholder, ci sono basi solide per concentrarsi sui mercati, compresi quelli di dimensione territoriale.

In che modo l’Europa può stimolare interventi per la rigenerazione e la riqualificazione degli spazi urbani?
La rigenerazione urbana sta diventando una parola chiave per tutti anche a seguito da quanto previsto dalle politiche europee. Un aspetto che viene sottolineato dall’Europa è la necessità di realizzare interventi significativi per una trasformazione dell’ambiente urbano con la creazione anche di infrastrutture verdi nelle città. Di particolare interesse, ad esempio, è l’iniziativa New European Bauhaus, lanciata nel 2020 per collegare la grande sfida del Green Deal a concrete iniziative di miglioramento dell’ambiente costruito. L’iniziativa ha l’ambizione di fornire una piattaforma di connessione tra scienza e tecnologia, arte e collettività, per rendere gli spazi di vita di domani più sostenibili, economici e inclusivi. La co-progettazione e il coinvolgimento attivo di tutti, che sono gli approcci al cuore della filosofia New European Bauhaus, sono basati sull’idea che viviamo immersi nei beni comuni e non possiamo prosperare senza di essi. Spesso sono beni vulnerabili a causa dell’incuria e dell’incapacità delle stesse persone che ne beneficiano. Quindi, per proteggere i beni comuni occorre concentrarsi sul sistema eco-socio-tecnico che può rigenerarli o distruggerli.
Per concludere, pensa che in futuro ci sarà maggior attenzione da parte delle imprese per contribuire alla transizione dei territori verso uno sviluppo sempre più sostenibile?
Le imprese per poter essere definite “sostenibili” dovranno contribuire alla transizione ecologica e agire come membri attivi della comunità. Questo comporta molte sfide a livello di valori, cultura organizzativa, capacità di pensiero e azione sistemica.