L’imprenditore: Adriano Olivetti, il suo approccio umanistico per un’impresa responsabile
Anni ’50, Nord Italia, area del Canavese. Qui successero cose straordinarie per opera di una persona altrettanto straordinaria: Adriano Olivetti (1901 – 1960).
Industriale, uomo di cultura, politico, intellettuale, editore e urbanista, l’impresa che porta il suo nome è stata per molti anni una delle principali realtà industriali del mondo nel settore delle macchine per scrivere e da calcolo, poi una delle aziende pioniere dell’informatica, nota per la capacità di innovazione, il design e per aver applicato i principi di quella che oggi definiamo responsabilità sociale d’impresa.
Ingegnere di formazione, continuatore dell’attività avviata dal padre, il nome di Adriano Olivetti è indissolubilmente legato a una visione umanistica dell’industria cui dedicò tutta la sua vita. Passato alla storia come un utopista, in realtà fu un grande pragmatico: quello che diceva, coerentemente applicava. Credeva nel valore condiviso e nella bellezza e si adoperò sempre per creare valore per dipendenti, clienti e territorio. Famose le sue iniziative urbanistiche dentro e fuori la fabbrica con la realizzazione di nuovi edifici industriali, uffici, case, mense e asili per i dipendenti.
Un riconoscimento alla concezione umanistica del lavoro che Adriano Olivetti sviluppò attraverso il Movimento Comunità (in cui il benessere economico, sociale e culturale dei collaboratori è considerato parte integrante dell’attività imprenditoriale) è giunto anche di recente, nel 2018, con la nomina di Ivrea, sede dell’Olivetti, a sito dell’Unesco (“Ivrea, città industriale del XX secolo”).
Questa una delle sue frasi più celebri: “La fabbrica non può guardare solo all’indice dei profitti. Deve distribuire ricchezza, cultura, servizi, democrazia. Io penso la fabbrica per l’uomo, non l’uomo per la fabbrica”.