Il Forum per la Finanza Sostenibile
Sul tema di una finanza sempre più al passo con la transizione ecologica Soft&Green ha voluto ascoltare la voce di Francesco Bicciato, Direttore del Forum per la Finanza Sostenibile.
Nella transizione ecologica la finanza ha un ruolo importante perché, quando è sostenibile, contribuisce a rendere la società più responsabile e inclusiva. Quando è nata e come opera la vostra associazione?
Il Forum per la Finanza Sostenibile è un’associazione non profit nata nel 2001. La base associativa è multi-stakeholder: ne fanno parte operatori finanziari e altre organizzazioni interessate all’impatto ambientale e sociale degli investimenti. La missione del Forum è promuovere la conoscenza e la pratica dell’investimento sostenibile, con l’obiettivo di diffondere l’inclusione dei criteri ambientali, sociali e di governance (ESG) nei prodotti e nei processi finanziari.
L’attività del Forum si articola in tre aree principali: Ricerca, Progetti e Rapporti con le Istituzioni.
Con il proprio lavoro, l’Associazione ha dato un contributo fondamentale nel portare all’attenzione di istituzioni, operatori finanziari, organizzazioni non finanziarie e cittadini i temi della finanza sostenibile. Grazie sia a iniziative di advocacy, sia al lavoro costante sul fronte dell’educazione finanziaria, la sensibilità e l’interesse verso il settore sono molto aumentati. Il Forum ha inoltre prodotto conoscenza aperta sul settore attraverso un intenso lavoro di ricerca, con circa 50 pubblicazioni sul tema liberamente accessibili online. La vocazione del Forum è cercare di riconoscere in anticipo dinamiche e fenomeni economici e finanziari complessi e il modo in cui questi possono impattare sulle variabili ambientali e sociali.
Quando si è cominciato a parlare di finanza responsabile e che tipo di difficoltà avevano i soggetti finanziari a ottenere strumenti/metriche di misurazione efficaci?
Nel primo studio sul mercato SRI (Sustainable and Responsible Investment) in Europa realizzato nel 2003 l’Italia rappresentava lo 0,1% del mercato europeo con 240 milioni di euro di masse, riferite ai soli investitori istituzionali. La situazione oggi è molto diversa. A livello europeo, secondo le rilevazioni di Morningstar, si è passati da meno di 400 miliardi di fondi aperti ed ETF sostenibili (Exchange Traded Fund che consentono agli investitori di gestire i rischi associati ai fattori ambientali, sociali e di governance) nel 2017 a circa 2.500 miliardi del 2022. Il tema delle metriche è stato ed è ancora un’importante sfida: misurare i risultati di un investimento è fondamentale. Se sul piano ambientale siamo più avanti, rispetto alla dimensione sociale c’è più lavoro da fare, a partire da un’accelerazione del dialogo a livello europeo per approvare una tassonomia sociale.
Dal vostro osservatorio privilegiato qual è la situazione attuale della finanza sostenibile in Italia e più in generale in Europa e nel mondo?
In questi anni, l’attenzione alla sostenibilità è molto cresciuta e a livello europeo e internazionale sono stati fissati obiettivi ambiziosi dal punto di vista climatico e ambientale. La finanza ESG sta assumendo un’importanza crescente proprio perché dà un contributo fondamentale al raggiungimento di questi obiettivi verso modelli di sviluppo più sostenibili. Gli investimenti sostenibili sono infatti fondamentali per costruire una società a ridotte emissioni, mantenendo il riscaldamento globale al di sotto dei 2°, e inclusiva sul piano sociale. Un interessante trend in atto riguarda la crescita dei green bond: nel 2022, le emissioni di green bond hanno rappresentato più della metà delle obbligazioni sostenibili emesse nello stesso anno (58%, $487,1 miliardi). Dopo aver dimostrato la propria resilienza in un contesto economico turbolento, nel primo semestre 2023 le emissioni di green bond sono aumentate del 22.2% rispetto alle emissioni dello stesso periodo del 2022 raggiungendo quota $351,9 miliardi. Come previsto da Climate Bonds Initiative le obbligazioni verdi sono tornate a crescere e potrebbero raggiungere l’ambizioso livello di $5.000 miliardi l’anno a partire dal 2025. Questo dato fa emergere due elementi importanti. Da un lato, mette in luce l’interesse dei mercati verso investimenti con obiettivi di sostenibilità ambientale. Dall’altro lato, è anche un indicatore dell’interesse degli investitori per prodotti finanziari caratterizzati da un alto livello di trasparenza: nelle obbligazioni verdi, infatti, l’uso dei proventi è legato a progetti specifici e regolarmente rendicontato. Nonostante gli standard di rendicontazione siano al momento volontari, sono molto diffusi e si è osservato come la loro adozione sia premiata dal mercato. Questo fenomeno ci porta al secondo trend in atto: la domanda crescente di dati da parte delle istituzioni e degli investitori. Sempre più le aziende, comprese le PMI, dovranno impegnarsi sul fronte della rendicontazione, sia per attirare investimenti – i dati sono fondamentali per comporre portafogli sostenibili – sia per rispondere ai requisiti di trasparenza europei sempre più stringenti.
Secondo quanto emerso nel 2022 dalla ricerca “PMI italiane e transizione ecologica: profili ESG e finanza sostenibile”, condotta dal Forum e a cui hanno partecipato 415 PMI, per oltre il 45% delle PMI la sostenibilità riveste un ruolo “importantissimo” o “molto importante” in azienda, guidando le scelte strategiche e di investimento. Tuttavia, rispetto al livello di conoscenza e all’applicazione concreta degli aspetti ESG rimangono ancora significativi spazi di miglioramento: circa il 40% delle imprese intervistate non sa stimare l’entità della propria esposizione ai rischi climatici e solo il 17% si è rivolto alle banche per finanziamenti legati a progetti di sostenibilità.
Sono sempre di più le organizzazioni che affermano di aver avviato un percorso verso la sostenibilità anche dal punto degli investimenti finanziari: un fatto positivo che però fa nascere qualche dubbio sulla veridicità di quanto dichiarato. Quanto è elevato il rischio greenwashing?
Con la crescita dell’interesse nei confronti della sostenibilità ambientale, sociale e di governance è aumentato anche il rischio di greenwashing. Con questo termine si fa riferimento a un particolare comportamento che consiste nel presentare i prodotti, gli obiettivi e/o le politiche di un’azienda come rispettosi dell’ambiente a fronte di azioni in contraddizione con tale immagine.
Come rileva anche l’ESMA, l’Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati, il greenwashing danneggia gli investitori che vogliono allocare le proprie risorse in attività economiche sostenibili. In più, si configura come una vera e propria pratica di concorrenza sleale, penalizzando le aziende impegnate in un reale percorso di sostenibilità. Più in generale, a rimetterci è la credibilità del mercato. Sia le società che incorrono nel fenomeno di greenwashing sia gli operatori finanziari che le supportano si espongono a tre categorie di rischio: reputazionale, legale e finanziario.
Nel 2022, il Forum ha presentato un paper dedicato al greenwashing contenente un’analisi del fenomeno e una serie di linee guida per prevenirlo, frutto di un gruppo di lavoro sul tema condotto con i nostri associati. Per il futuro ci aspettiamo un aumento della consapevolezza di risparmiatori, investitori e imprese sui temi della sostenibilità e un impegno crescente degli asset manager per investimenti più trasparenti.